Il colesterolo, cattivo?

Il colesterolo è un acido grasso e rientra nei lipidi, uno dei 3 gruppi di macronutrienti (gli altri 2 sono carboidrati e proteine). Viene prodotto principalmente dal fegato e introdotto con la dieta. Fondamentale per il corretto funzionamento dell’organismo, è precursore degli ormoni steroidei, della vit. D, di tutte le membrane cellulari (comprese le cellule nervose) e circa 1/4 di tutto il colesterolo del corpo è contenuto nel cervello dove per il 70% si trova nella mielina, la guaina che riveste le fibre nervose e permette la conduzione degli impulsi nervosi.
Come per tutte le sostanze chiave del metabolismo è soggetto ad una fine regolazione a diversi livelli. Allego una sintesi grafica dei principali percorsi metabolici, soprattutto per avere un’idea del livello di complessità, interazione e regolazione (verde: lipidi).

Fonte: https://mededucation.stanford.edu/pathways-download/

Sono molte reazioni, tutte diverse ma sono spesso equilibri dinamici che partono da una sostanza reagente (a sua volta prodotto finale di una reazione precedente) e arrivano a una sostanza prodotta (a sua volta reagente per una reazione successiva). Si potrebbe pensare che qualsiasi perturbazione a questi equilibri, in una direzione o nell’altra, che porti sia a eccesso sia a difetto di sostanze chiave possa tradursi in condizioni inadatte allo stato di salute e quindi causare malattie.
Tuttavia, per il colesterolo è stata data esclusiva attenzione quando supera valori massimi (più o meno universalmente accettati e via via ridotti negli anni) e mai quando scende sotto valori minimi (HDL a parte ma rappresenta circa il 30% del colesterolo trasportato). Cito alcuni studi come riflessione sull’opportunità di considerare specifici indicatori di rischio e sui loro valori.

Il primo studio (2018_Total cholesterol and all-cause mortality) è uno studio prospettico che ha seguito 12+ milioni di persone per circa 10 anni. I grafici a pag. 5 mettono in relazione i livelli di colesterolo totale (ascisse) con il rischio di mortalità per tutte le cause (ordinate). Anche se per le prime due fasce d’età (18-44) l’andamento non è così chiaro ed univoco, per le classi successive si normalizza per i due generi raggiungendo il minimo (rischio 1, né aumento né decremento) per valori di colesterolo totale (TC, mg/dl) di 200+; in generale, il rischio aumenta più velocemente (pendenza della curva) per valori di TC inferiori a 200 rispetto a quello che si ha per valori di TC superiori a 200.

Il secondo studio (2023_Dyslipidemia paradox Analysis from the veterans exercise testing study) è uno studio prospettico che ha seguito circa 1500 uomini (dai 49 ai 69 anni, media di 59) dal 1987 al 2012. Traduco dalle conclusioni dell’abstract: “questo studio ha mostrato che i più alti livelli di colesterolo totale (TC) e di LDL sono indipendentemente e paradossalmente associati con il più basso rischio di mortalità per tutte le cause e una più lunga sopravvivenza negli uomini”.

Il terzo studio (2023_Triglycerides-HDL cholesterol ratio and type 2 diabetes incidence, Panasonic Cohort Study 10) ha seguito più di 120.000 pazienti dal 2008 al 2017 secondo un modello statistico che comprendeva più variabili e standardizzato per età, sesso, IMC, pressione sistolica, glicemia a digiuno, abitudine al fumo e all’esercizio fisico. Dalle conclusioni: “Il rapporto trigliceridi/colesterolo HDL è stato osservato essere un miglior predittore dello sviluppo di diabete di tipo 2 a 10 anni rispetto a colesterolo LDL, colesterolo HDL o trigliceridi, indicando che può essere un utile supporto nei trattamenti medici futuri”.


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